venerdì 25 gennaio 2008

Mozione di sfiducia al Presidente della Sicilia respinta: per Genovese e Cracolici la battaglia per le dimissioni di Cuffaro è solo iniziata

Genovese (Segretario PD Sicilia)
“Prendiamo atto della grave assunzione di responsabilità della maggioranza dell’Ars che ha deciso di mantenere in carica un governatore condannato per un reato che, tra l’altro, prevedrebbe la decadenza dalla carica di un qualunque deputato regionale eletto dal popolo. Abbiamo, evidentemente, sopravvalutato il senso etico, il rispetto della legalità e delle istituzioni di molti membri del Parlamento siciliano. Non possiamo non rilevare la stridente contraddizione tra le posizioni assunte da alcuni deputati con i commenti fatti pubblicamente dopo la sentenza ed il voto espresso in aula. A sentire alcune dichiarazioni di voto tornano in mente le parole di Catone il Censore, il quale affermava: ‘Fate quello che dico, non fate quello che faccio’. Rimaniamo convinti che l’odierna decisione dell’Ars non sia in sintonia con il sentimento popolare e continuiamo la nostra battaglia per le dimissioni di Cuffaro, sicuri di interpretare la volontà dei siciliani, di Centrosinistra e di Centrodestra. Si è persa un’ottima occasione per restituire all’Ars quell’autorevolezza che, da diversi anni, si è indebolita e che, da oggi, sembra irrimediabilmente perduta”.
Cracolici (capogruppo PD all'ARS)
"Questa mozione è solo l'inizio di una campagna senza tregua fino a quando non si dimetterà perché Cuffaro è ormai l'avversario non dell'opposizione, ma della Sicilia. Ora è il momento di dire basta. La foto con i cannoli ha rappresentato il danno più emblematico all'immagine della Sicilia diffondendo il disgusto a tutti i livelli. Auguro a Cuffaro di dimostrare la sua innocenza, ma ci liberi da questa umiliazione che pesa su tutti i siciliani”.
Nota
La mozione di sfiducia del centrosinistra ha ottenuto 53 voti contrari, 32 favorevoli (tutti quelli del centrosinistra) ed 1 astenuto. Approvato, altresì, un ordine del giorno contro la possibilità (paventata da alcuni quotidiani e non solo, in questi ultimi giorni) della sospensione del presidente da parte del Consiglio dei Ministri.
La Mozione
Premesso che,
Non sono più rinviabili decisioni forti dopo la sentenza di condanna nei confronti del Presidente della Regione, a salvaguardia della credibilità delle Istituzioni;
Considerato che,
Le dichiarazioni del Presidente della Regione e i suoi comportamenti successivi alla sentenza, tesi a mitigarne gli effetti confondendo l’opinione pubblica sulla gravità dei reati per i quali è stato ritenuto colpevole, hanno accentuato un diffuso sconcerto che rischia di minare la credibilità del sistema politico e istituzionale, alimentando una reazione negativa nella società siciliana e nell’opinione pubblica nazionale al di là delle apparenze politiche e di schieramento;
tutto ciò rischia di ledere irrimediabilmente l’immagine della Sicilia anche fuori dai confini nazionali;
la scelta di mantenere la carica di Presidente in presenza di una condanna per reati connessi alla mafia, in un momento nel quale settori importanti della società siciliana, a partire dagli industriali e dagli imprenditori, si stanno ribellando alla mafia e ai mafiosi, appare un terribile messaggio diseducativo;
Valutato che,
I diciotto mesi dalla rielezione a presidente della Regione dell’On. Salvatore Cuffaro sono stati caratterizzati dalla paralisi politica e amministrativa e ci consegnano una Sicilia con molti problemi, non solo irrisolti ma anche affrontati;
il mantenimento della stessa condizione politica costituirebbe un più grave danno per la Sicilia, oltre ad aggravare la situazione sociale, economica e civile della nostra Regione rischia di travolgere l’intero sistema politico e amministrativo e di negare la possibilità di riscatto e di futuro per quei siciliani che non vogliono rassegnarsi.
L'Intervento del Capogruppo PD Cracolici in Aula
On. Presidente, sono un convito assertore dei principi costituzionali, e anche per lei come per qualunque cittadino deve valere il principio che ho appena menzionato. Ma con altrettanta nettezza dico che chi come noi svolge un ruolo pubblico, chi come noi è chiamato a rispondere dei propri comportamenti all'opinione pubblica, deve avere piena consapevolezza che i nostri diritti di cittadini comuni devono necessariamente coniugarsi con gli effetti prodotti dai nostri comportamenti, che costituiscono esempio per quanti ci hanno affidato il ruolo di rappresentanza e di amministrazione.
Ho sperato, da siciliano, che lei riuscisse a dimostrare la sua estraneità rispetto ai reati contestati, a tutti i reati contestati. Ho ascoltato come tutti voi, le parole che la corte ha pronunciato alle 17.50 del 18 gennaio e avevo, credo come tutti voi, la consapevolezza che l'esito di quel processo avrebbe segnato un punto di svolta per la vicenda politica e istituzionale di questa nostra Regione, qualunque fosse stata la decisione della Corte.
Come tanti cittadini che non hanno dimestichezza con il codice e con il linguaggio tecnico della giustizia, ho dovuto impiegare qualche decina di minuti prima di capire la complessità di un dispositivo che alla fine ha contenuto una sentenza di condanna e della quale mi è apparsa immediatamente evidente la gravità e la severità.
Non le nascondo che pur con la umana solidarietà, che credo nessuno di noi può farle venire meno e che personalmente non le ho mai nascosto, anche avendo apprezzato la sobrietà con la quale si è difeso nel processo e non dal processo, ma pur con la comprensione per le emozioni che la attraversavano nei minuti immediatamente successivi alla lettura del dispositivo della sentenza, mi è apparsa immediatamente palese una distonia tra la pesantezza della pena, con l'accessoria interdizione perpetua e quindi l'annunciata decisione di ricorrere in appello, e la risolutezza con la quale ha annunciato il suo intendimento di ricominciare dalle otto del mattino del giorno dopo.
C'è qui una prima questione che la sua immediata reazione pone: ma lei pensa per davvero che questa istituzione sia in grado di reggere il peso di una vicenda processuale lunga e snervante, come inevitabilmente potrà essere la fase dell'appello? Lei pensa che sia ancora possibile "piegare" l'interesse di questa Regione e impedire di avere una classe dirigente, ad iniziare da un presidente libero e senza piombo nelle ali, come inevitabilmente lei è stato in questi anni. Non solo io, ma ogni persona di buon senso non può che dare una sola risposta: NO, Presidente, la Sicilia e la sua principale istituzione non se lo possono più permettere.
E' venuto il tempo di riconoscere il grave errore che il suo schieramento ha fatto e che sta facendo pagare a caro prezzo all'intera Sicilia. La crisi che ha segnato questi 18 mesi è sotto gli occhi di tutti e proprio perché era facilmente prevedibile, alcuni di noi, al di là dello scontro politico, avevano chiesto per tempo che il suo schieramento non la ricandidasse alla carica di Presidente. Ciò per scongiurare il rischio che la sua eventuale rielezione costituisse una pesante ipoteca, che avrebbe finito per piegare l'istituzione e la politica siciliana al suo processo e condizionare la legislatura.
L'elezione diretta è un istituto che noi consideriamo un punto di non ritorno, ma c'è il rischio che senza profondi correttivi finisca per diventare una prigione istituzionale.
Lei per primo sa bene che se non fosse il Presidente eletto direttamente. e dal cui destino dipende il Parlamento, da molto tempo lei non sarebbe più al suo posto. E non per giustizialismo prevalente sul garantismo, ma perché la politica tutta avrebbe fatto prevalere le ragioni di opportunità rispetto ad una astratta contrapposizione tra giustizialisti e garantisti, che costituisce uno specchietto per le allodole..
Lei stesso, del resto, ha ammesso che la sua situazione processuale, con l'attesa della sentenza, ha condizionato l'azione sua e del governo. E basta guardare la produzione legislativa, non tanto in termini di quantità ma la incapacità di rispondere alle esigenze che ha la nostra Regione. In questi diciotto mesi non siamo riusciti non solo a non dare, ma neanche ad iniziare a dare alcuna soluzione ai problemi della Sicilia..
C'è quindi una prima ragione che prescinde qualunque giudizio sulla fattispecie della sua condanna, che impone che Lei liberi la Sicilia dal condizionamento del suo processo.
Ma, Presidente, mi permetta di dire che ulteriori e altrettante ragioni spingono nella direzione che noi chiediamo con l'approvazione della mozione di sfiducia che abbiamo presentato.
Ciò che ha colpito tanti di noi, accrescendo confusione e sconcerto, è stata la gestione della sua reazione alla sentenza. Avendo stabilito Lei, e solo Lei, per tempo, l'accettabilità o meno che la sentenza di primo grado avrebbe dovuto avere nell'opinione pubblica per determinare le sue dimissioni. Ha asserito ripetutamente nei mesi scorsi che la sola aggravante di aver agevolato l'associazione mafiosa nel suo insieme sarebbe stata l'unica circostanza così grave da superare l'asticella della sopportabilità. Così, esclusa l'aggravante dal dispositivo della sentenza, si è convinto, o almeno così è apparso, che il resto della condanna fosse al di sotto dell'asticella di sopportabilità che lei stesso aveva stabilito.
Ora io non so, sinceramente, se lei sia stato depistato dai suoi avvocati o se non lo abbiano messo nelle condizioni di avere contezza della fattispecie delle contestazioni per le quali era stato rinviato a giudizio, ma quelle contestazioni sono evidenti anche a chi, come me, non è esperto di diritto e tanto meno di diritto penale.
Basta leggere, e ho voluto portarvi in quest'Aula, gli atti con i quali lei è stato rinviato a giudizio il 1 settembre 2004 , a pag. 21 punto ‘O' e a pag. 22 punto ‘P', tra i reati contestati vi era l'art. 378 comma 1 e 2, e il dispositivo della sentenza lo condanna per tutti i reati contestati con la sola esclusione dell'aggravante di cui all'art.7 della legge 203/91, proprio quella circostanza per cui lei aveva fatto dipendere la sopportabilità della sentenza.
Ora, ovviamente lei conosceva queste imputazioni. E vorrei sgombrare il campo da un altro equivoco che non è di natura giuridica, perché questo compito lo lasciamo agli esperti e agli studiosi, ma per quello che determina negli effetti politici, ovvero che la fattispecie di reato per il quale il Presidente è stato condannato riguardi o meno un reato connesso al favoreggiamento ai mafiosi. Basta ricordare che questa norma, il comma 2 dell'art.378, è stata introdotta nel codice penale con la legge Rognoni-La Torre.
Legge che ha riconosciuto per la prima volta solo dopo il 1982 e dopo l'assassinio di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, e poi ancora del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie e dell'agente di scorta, l'esistenza della mafia nel codice e che ha inaugurato la grande lotta ai fiancheggiatori dei mafiosi e ai patrimoni da quest'ultimi, illecitamente accumulati.
E'un prezzo troppo alto per la mia cultura politica entrare in quest'aula con una sentenza e da questa dover farne discernere le conseguenze che sono nella logica delle cose.
Doveva, Presidente, risparmiare a me e a quest'aula questa ulteriore umiliazione, parlare di reati, di articoli del codice penale, mentre noi abbiamo in altro compito: dare rappresentanza e soluzioni ai problemi della Sicilia.
Presidente, lei ha mitigato se non mentito sulla gravità della sua condanna, ripeto non so se deliberatamente o indotto dalla benevola assistenza dei suoi consiglieri e dei suoi avvocati, ma la sua gestione del dopo sentenza è apparsa in linea con un tentativo di far passare nell'opinione pubblica il messaggio che la sua condanna lo avesse riconosciuto estraneo a qualunque relazione con fatti attinenti alla mafia e ai mafiosi, al di là della pesantezza della entità della pena.
Nell'ordinamento americano soltanto per questo lei sarebbe sottoposto ad impeachment e avrebbe dovuto dimettersi.
La sobrietà con la quale aveva gestito la fase processuale è stata travolta dall'ubriacatura del giorno dopo in cui è arrivato persino a contestare al Procuratore Nazionale Antimafia dott.Grasso, di non aver letto, invitandolo a farlo, il dispositivo della sentenza, perchè aveva fuori dal coro cercato di far conoscere all'opinione pubblica che pur in assenza del favoreggiamento aggravato per aver agevolato l'associazione mafiosa, il Tribunale lo aveva comunque riconosciuto colpevole di aver favorito ben cinque investigati per reati di cui al 416/bis.
Ora, lei ha il diritto come qualunque cittadino di difendersi nel processo d'appello e anzi le auguro sinceramente che possa dimostrare la sua innocenza, ma non può a nostro avviso continuare a svolgere la funzione di Presidente della Regione, ripeto, anche per questa sua disinvolta gestione della vicenda processuale che ha accentuato elementi di sincero sconcerto.
Se la sentenza ha scosso tutti noi, non meno sconcertante è stata la gestione e la sovraesposizione mediatica con la quale lei ha gestito le ore successive, suscitando in tanti cittadini di sinistra, di centro, di destra, giovani e anziani, donne e uomini la diffusa consapevolezza di inadeguatezza alla funzione che ricopre.
Ora, non voglio banalmente ridurre il tutto alla foto con i cannoli, ma non c'è dubbio che quella foto ha costituito un vulnus che ha accentuato l'indignazione che sta attraversando la Sicilia e l'Italia, andando oltre i confini nazionali, e che persino in esponenti di primo piano del suo partito e della sua coalizione ha generato reazioni di disgusto.
Può continuare ad esserci questo grave danno d'immagine alla Sicilia e ai siciliani tutti? A questo interrogativo ha il dovere di rispondere prima di tutto lei. Ma, assieme a lei, anche questo Parlamento, la sua maggioranza, che magari pensa che questo dibattito possa servire a far sfogare l'opposizione e che, fra qualche ora, esitata la pratica burocratica della sfiducia, passeremo ad altro come se nulla fosse avvenuto.
Non vi illudete, non pensate che la forza dei numeri vi farà chiudere rapidamente il caso. La mozione di sfiducia è l'inizio di una campagna che muoveremo nell'opinione pubblica per far dimettere il Presidente Cuffaro non perché un nostro avversario politico ma perché è avversario della Sicilia.
Viviamo un momento nel quale uno straordinario moto di ribellione sta scuotendo la Sicilia, grazie anche agli arresti di boss e gregari che stanno colpendo al cuore cosa nostra e che dimostra, come mai forse prima d'ora, che la possibilità di sconfiggere definitivamente i mafiosi è a portata di mano. E sinceramente credete di poter non vedere quanto sta avvenendo ad esempio nell'associazione degli industriali siciliani che, con un gesto che non trova paragoni in nessuna parte d'Italia, decide di espellere dalla propria associazione quanti accettano di subire l'estorsione?
Ma come pensate, che questa rottura che ha un effetto dirompente dal punto di vista del messaggio educativo per le nuove generazioni, rispetto alla quale tutti a parole plaudiamo e abbiamo plaudito, possa diffondersi in quei settori che ancora sono titubanti sulla possibilità che vinca la legalità battendo rassegnazione e paura, se la politica non ha la forza di essere alla testa della società, della sua parte più innovativa, più moderna e non apparire che come un ciclista spompato che arranca con difficoltà e pigrizia a stare al passo con la società?
Per davvero voi pensate che in una Sicilia scossa da inquietudini, che non sono figlie di un'onda emotiva provocata dalle stragi come fu la stagione dei primi anni 90, il Presidente Cuffaro possa continuare ad andare avanti come se nulla fosse successo?
Chi si nasconde dietro la paura dello scioglimento dell'Assemblea, sappia che questa vicenda rischia di allargare il solco tra questo palazzo, questa istituzione e i cittadini, e lo stesso buon senso travolgendo la credibilità di tutti.
Presidente Cuffaro, non è in gioco il suo governo, non è in gioco solo la durata di questa legislatura, è in gioco la credibilità delle istituzioni, istituzioni che se contribuiamo a renderle più deboli, in una terra dove i luoghi della democrazia sono già molto fragili, rischiamo di minare nelle fondamenta il patto che regge una comunità. Anche la comunità della politica, con i suoi vizi e i suoi privilegi, ma dove sempre, anche nei momenti di maggiore scontro, deve prevalere il senso dello Stato.
Non giriamo la faccia, affrontiamo con serietà i problemi che si sono determinati.
Un collega ieri ricordava una frase di un intellettuale: "un politico normalmente pensa alle prossime elezioni, un uomo di Stato pensa alle prossime generazioni". Innanzitutto lei, presidente Cuffaro, in un momento difficile dal punto di vista politico e personale, deve decidere cosa vuole essere, se un uomo politico o un uomo che innanzitutto sappia mettere al primo posto il senso dello Stato.
Ma mi rivolgo anche a tutti voi della maggioranza e innanzitutto a quanti in questi giorni hanno coraggiosamente fatto sentire la voce anche di quel popolo di centrodestra che è sconvolto della decisione di far finta di nulla. Non pensate che quel popolo sia piccolo. Per una volta voglio utilizzare uno strumento che per anni è stato il vangelo della destra: un sondaggio.
Realizzato dall'IPSOS, alla domanda "Il governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, dopo la condanna in primo grado ha deciso di non dimettersi in attesa dell'appello, a suo parere questa è una decisione...."

sbagliata: 63% (Elettorato Totale) 70% (Unione) 57% (CdL) 62% (Altri)
giusta: 24% (Elettorato Totale) 17% (Unione) 31% (CdL) 24% (Altri)
non sa:
13% (Elettorato Totale) 13% (Unione) 12% (CdL) 14% (Altri)

I sondaggi ognuno può usarli come vuole, ma al di là delle cifre ci offrono gli orientamenti tendenziali. Io non mi sono stupito della reazione di quanti, anche dirigenti di primo piano di Forza Italia a partire dal Presidente Miccichè, i giovani di AN, tanti cittadini elettori del centrodestra che sono storditi da quello che è avvenuto in questi giorni, abbiano rotto il muro del silenzio, le solidarietà di comodo.
Facciamo in modo che il Parlamento Siciliano sia lo specchio del sentimento della società, dei due modelli di Sicilia che si stanno misurando. Noi, oggi, possiamo avviare un nuovo corso della politica siciliana, dipende da ognuno di noi liberare la politica dal mero tatticismo senza passioni e senz'anima. Se con il voto si rompe l'appartenenza di schieramento possiamo, tutti insieme, scrivere una pagina nuova della Sicilia, liberandoci dal rifugio delle appartenenze per poter dire ai nostri figli che la Sicilia, la terra in cui noi viviamo, viene prima di tutto, di qualunque alleanza e di qualunque appartenenza.
A chi intimamente sa che le ragioni che oggi abbiamo esposto sono fondate, io non dirò "parli ora o taccia per sempre". Ma permettetemi dire "se ci siete, battete un colpo".

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NOI CI SIAMO

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