PER IL PD
e
PER LA SICILIA
Mozione congressuale del candidato a segretario regionale
BERNARDO MATTARELLA
e
PER LA SICILIA
Mozione congressuale del candidato a segretario regionale
BERNARDO MATTARELLA
PER IL PD E PER LA SICILIA
Ci sono due sfide davanti a noi: a) fare uscire la Sicilia dalla crisi profonda che l’attraversa ed invertire la tendenza che la sta facendo scivolare verso la marginalità in Italia e in Europa; b) costruire un Partito Democratico che sia in grado di organizzare politicamente e di rappresentare le siciliane ed i siciliani che sanno di dover contare sulle proprie forze, che vogliono scrollarsi di dosso pesanti condizionamenti, lavorano affinchè le grandi risorse, materiali ed immateriali di cui la Sicilia dispone diventino volano per uno sviluppo sostenibile e solidale.
L’obiettivo che ci poniamo è quello di determinare le condizioni perché il Partito Democratico diventi la forza di riferimento di un governo della regione che sia portatore di idee e proposte di trasformazione nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione, nell’economia e nella società.
La crisi della Regione insostenibile
Gli anni più recenti sono stati caratterizzati dalla stagnazione economica, dalla crisi dell’apparato industriale e di comparti produttivi significativi, dalla ripresa dell’emigrazione, dal riemergere di fenomeni di illegalità e di evidenti infiltrazioni della mafia.
La distanza con l’Europa è aumentata. Il Pil pro capite rappresenta il 67,4% di quello della UE a 27 paesi, mentre quello italiano è del 104,8%. La Sicilia si colloca al 272 posto, tra 274 regioni censite, per tasso di attività; al 273 posto per tasso di attività femminile, mentre è tra le prime venti per tasso di disoccupazione. L’indice di povertà relativa è il più alto in Italia ed è in crescita rispetto agli anni precedenti. Nella attuazione della strategia di Lisbona, la Sicilia si colloca agli ultimi posti per capacità di avanzamento. La spesa per ricerca & sviluppo e per l’istruzione si sono ridotte se misurate sul Pil, il ricorso a fonti rinnovabili di energia e la quantità di raccolta differenziata sono molto lontani dai parametri di riferimento.
Una regione che come la Sicilia regredisce sui fattori di sviluppo, che altri in Europa invece sfruttano con diligenza, non ha futuro.
Grandi sono le responsabilità dei governi di centro destra, che hanno riportato l’intermediazione parassitaria e clientelare al centro dell’azione politica, che hanno sprecato l’occasione offerta dai fondi comunitari, che hanno reso poco credibili le istituzioni siciliane, senza capacità di perseguire strategie valide. Altrettanto gravi le responsabilità del governo Berlusconi, che ha scelto la centralità del Nord, l’emarginazione della Sicilia, saccheggiando anche i fondi Fas.
La crisi economica globale sta avendo pesanti ricadute nella nostra regione: si stanno perdendo decine di migliaia di posti di lavoro, migliaia di piccole imprese hanno chiuso, in agricoltura si sono persi milioni di giornate di lavoro, sono a rischio pezzi importanti dell’industria. Si sta realizzando un effetto cumulo: la crisi economica si somma, infatti, al fallimento della strategia di sviluppo sottesa al quadro comunitario di sostegno ed al collasso dell’intero sistema di governo regionale, basti pensare alla condizione di pratico dissesto dei grandi comuni o al disastro degli Ato rifiuti.
Il sistema di governo collassa anche perché si sono fatti più stringenti i vincoli esterni all’azione di governo, quali il patto di stabilità, il limite all’indebitamento, l’obbligo del piano di rientro dai debiti della sanità, le direttive comunitarie, e perché ci sono sempre meno risorse disponibili, come dimostra il bilancio regionale in cui l’85% delle risorse va in spese correnti ed ha raggiunto nel 2008 lo strabiliante deficit di oltre cinque miliardi di deficit.Quello che è andato in profonda crisi è il modello di Regione insostenibile, che intermedia ma non indirizza, che spende ma non progetta, che ha una economia sostanzialmente retta dalla domanda e dai consumi e poco orientata alla produzione, con meccanismi di redistribuzione del reddito fortemente squilibrati.
Anche per questo esplode il centro destra e si aprono conflitti durissimi tra le forze politiche che lo compongono e che pure avevano ricevuto, soltanto lo scorso anno, un consenso plebiscitario.
Il governo regionale è paralizzato e incapace di affrontare anche le più lampanti emergenze, proprio mentre l’intervento pubblico è diventato più essenziale per fronteggiare con misure anticicliche la crisi economica globale e per individuare processi di cambiamento quali quelli delineati dalla UE: attuazione delle riforme connesse alla strategia di Lisbona, riconversione dell’economia verso produzioni “verdi” , a basse emissioni nell’ambiente.
Un grande progetto di cambiamento
Siamo convinti che in Sicilia ci siano le energie umane e le capacità, le risorse e la volontà per cambiare e per affrontare in modo innovativo i problemi e risolverli.
Per organizzare queste forze dentro una prospettiva politica di cambiamento è necessario che si definisca un progetto strategico condiviso e ci sia un soggetto politico organizzato, come il Partito Democratico siciliano, in grado di sostenerlo e portarlo avanti con coerenza e decisione.
La Sicilia ha bisogno di una rinnovata identità, di una idea generale di se e del proprio sviluppo, che sappia misurarsi con i nuovi scenari legati alla dimensione sovranazionale dei problemi, alla nuova centralità che ha acquisito il Mediterraneo, alla crescita del ruolo delle autonomie locali nel nostro paese determinato dal procedere delle trasformazioni in senso federale dello stato.
Una identità che ridefinisca il patto tra cittadini ed istituzioni all’interno di serie riforme delle strutture regionali, affermi il senso della legalità e della moralità nella conduzione della cosa pubblica, sia caratterizzata dalla espansione della democrazia e dei diritti di cittadinanza, esprima una robusta carica progettuale in un nuovo sistema di rapporti tra pubblico e privato, centrando le prospettive di sviluppo sulla innovazione, sulla qualità, sulla sostenibilità, coerenti con la nostra storia e le nostre vocazioni.
Un nuovo meridionalismo e la centralità del Mediterraneo
Questo è il contributo più grande che può venire dalla Sicilia per determinare a tutti i livelli la consapevolezza che la questione del sud è una grande questione nazionale, che attiene alle gravi disuguaglianze e ai permanenti squilibri territoriali che condizionano le capacità di sviluppo del nostro paese.
E’ tutto il paese che annaspa, che è in difficoltà. Il Sud non è la palla al piede da cui occorre liberarsi per favorire i processi di ristrutturazione del centro nord. Al contrario, il sud contiene un potenziale ancora inespresso che può contribuire ad un forte rilancio dell’intero paese. Per questo è sacrosanto rivendicare l’assegnazione dei fondi statali che ci sono stati sottratti o ci vengono negati.
La Sicilia e tutto il Sud in questi anni hanno ricevuto risorse statali inferiori a quelle corrispondenti al cosiddetto’peso naturale’ delle regioni meridionali nel contesto nazionale.
Allo stesso tempo è necessario che vi sia la piena assunzione di responsabilità delle classi dirigenti meridionali, chiamate ad esprimere una nuova qualità progettuale ed alla rottura dello schema perverso che lega l’uso delle risorse pubbliche alla creazione del consenso clientelare.
La questione meridionale deve essere interpretata alla luce della questione Mediterraneo, che ne delinea una dimensione nuova. In questi anni è cresciuta la funzione strategica dell’area mediterranea, si sono enormemente incrementati i flussi commerciali, si pone quindi la necessità di lavorare per cogliere queste nuove opportunità, secondo due direttrici: attrezzando il territorio in modo che possa rappresentare una piattaforma logistica che aggiunge valore ai prodotti e assumendo iniziative affinché l’Europa sviluppi il progetto dell’Unione per il Mediterraneo.
Vanno infatti potenziate le relazioni con i paesi che si affacciano nell’intero bacino, perché si sviluppi la pace, si affermino la democrazia e i diritti umani in tutti i paesi e si affrontino temi
drammatici quali la povertà, lo sfruttamento, le persecuzioni. E’ questa la via principale per risolvere la questione dei migranti che noi non consideriamo un fenomeno di svantaggio e di pericolo per la vita sociale, ma come possibile condizione di crescita e di ricchezza per le nostre comunità.
La centralità geografica della Sicilia nel contesto euromediterraneo va trasformata in centralità politica e in questo senso va sostenuto l’impegno votato dal Parlamento affinchè Palermo sia la sede del Forum per il Mediterraneo ed in centralità economica, puntando sulle tecnologie ambientali, sui beni culturali, sulla sicurezza alimentare e sull’agricoltura biologica, sull’energia da fonti rinnovabili, sui settori avanzati dei servizi, solo per fare alcuni esempi di attività che possono enormemente incentivare gli scambi.
E’ questa, una scelta prioritaria di un piano strategico per la Sicilia, che deve essere messo a punto con il concorso e l’ampia partecipazione di tutti i soggetti protagonisti sui territori e che individua tra le altre priorità: la dimensione sostenibile e solidale dello sviluppo nella prospettiva di una reale sussidiarietà; la qualificazione del capitale umano e sociale; la promozione della ricerca e del trasferimento tecnologico, delle innovazioni produttive per migliorare la competitività del sistema privato e pubblico; la riorganizzazione della regione; la crescita ed il protagonismo dei territori, perché lo sviluppo locale diventi luogo di incontro tra valorizzazione delle risorse e attivazione delle competenze.
Una nuova stagione di liberazione dalla mafia, per una legalità forte e condivisa
Non ci sarà sviluppo, né vera democrazia senza la liberazione della Sicilia dalla presenza e dalla pressione della mafia e della criminalità organizzata che soffocano la società, opprimono le imprese, tendono a condizionare la politica e le istituzioni, si infiltrano nel ciclo della spesa e delle opere pubbliche. Le organizzazioni mafiose sono in grado di condizionare pesantemente vaste aree del mezzogiorno e non è un caso che le quattro regioni che sono rimaste nell’obiettivo convergenza, siano anche quelle dove più forte è la presenza delle mafie, che sono tuttavia in grado di influire negativamente sull’economia e sulle attività finanziarie dell’intero paese.
Occorre ribadire che la lotta alle mafie deve essere una priorità nazionale e l’azione di contrasto deve essere sempre forte e puntuale, a cominciare dal controllo del territorio, dalla confisca dei patrimoni che va rafforzata e resa effettiva, nonché dalla adozione di normative europee contro il riciclaggio dei capitali.
Vanno incoraggiati, estesi e consolidati fenomeni come quello che ha visto in Sicilia una rottura senza precedenti da parte di alcune associazioni imprenditoriali della zona grigia di acquiescenza al racket e alla mafia. Occorre spingere le forze politiche ad adottare moduli di selezione della classe dirigente che mettano fuori dalla rappresentanza connivenze e compiacenze. Occorre rafforzare il controllo di legalità sulle attività della P.A. dando anche più strumenti ai cittadini per partecipare ed intervenire. La normativa sugli appalti dovrà favorire la qualificazione delle imprese e contrastare il lavoro nero e il mancato rispetto delle normative di sicurezza.
La battaglia alla mafia deve anche connotarsi significativamente sul terreno della qualità dello sviluppo sociale, della cultura della legalità, della educazione alla non violenza.
In Sicilia occorre passare da una legalità debole e non riconosciuta ad una legalità forte e condivisa, perché certa, efficace, semplice.
La pratica della illegalità è favorita dalla cultura della conservazione dei privilegi, dell’assistenzialismo, del sostegno pubblico come favore. Il rispetto delle leggi e della convivenza civile , il rifiuto delle pratiche clientelari e di scambio costituiscono per noi valori discriminanti, che vanno perseguiti senza indugi.
La Sicilia dei diritti e delle pari opportunità
I diritti come pari opportunità devono tradursi nella certezza di accesso per tutti, senza discriminazioni, alla società che produce, che studia, che fruisce dei servizi, con particolare attenzione ai soggetti deboli e a rischio. Fondamentale è l’attivazione di politiche attive contro l’esclusione sociale e la povertà che riguardano fasce consistenti della popolazione. Va lanciata una strategia di produttività e di formazione di ricchezza, garantendo comunque un sistema di sostegno al reddito articolato per gruppi sociali, che vada dal reddito minimo alla messa a disposizione di servizi.
Un grande fattore di cambiamento sociale è dato dalla concreta affermazione del principio di parità di genere, che passa anche dalla presenza delle donne nei posti di responsabilità, ma che necessita di interventi nel settore del lavoro e della formazione, delle politiche sociali e della cittadinanza, allo scopo di favorire la conciliazione dei tempi di vita, della famiglia e del lavoro. Grande attenzione va riservata al contrasto, soprattutto culturale, della violenza sulle donne e sulla realizzazione di misure e strutture.
Al contempo occorre dare centralità alle politiche a favore della famiglia, alla formazione delle giovani coppie, al mantenimento in famiglia dei soggetti deboli.
Il privato sociale organizzato ed il terzo settore costituiscono ormai una realtà radicata, di cui occorre favorire un ordinato sviluppo, nell’ottica della sussidiarietà orizzontale.
La salute è un diritto, prima di essere un servizio alla collettività. Una invasiva gestione politica, unita ad una gestione organizzativa dissennata hanno portato la sanità in Sicilia al tracollo, a gravi inefficienze, a limitazioni nel servizio pubblico. Insistiamo perché vengano inserite regole chiare e trasparenti per la selezione dei dirigenti ed una puntuale verifica dei risultati da parte di organismi terzi. Al contempo pensiamo sia tempo di redigere un nuovo organico piano sanitario.
Rientrano nel concetto più generale di salute anche le attività motorie e lo sport, che costituisce, altresì, un fattore di crescita sociale che va organicamente sostenuto in tutte le sue articolazioni, agonistiche, amatoriali, curative.
Il sistema scolastico e formativo siciliano è fortemente deficitario e, nel paragone con le altre realtà, sembra che la Sicilia scivoli verso la società dell’ignoranza. E’ centrale, dunque, l’iniziativa perché venga realizzato un sistema scolastico evoluto e di qualità con al centro la scuola pubblica statale, con adeguate risorse, con interventi sull’edilizia e sulle attrezzature, nonché sul diritto allo studio.
I siciliani devono poter esercitare il proprio diritto all’ambiente, attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle biodiversità, la salute degli ecosistemi, l’uso razionale delle risorse, l’applicazione dei principi di protezione e di precauzione.
La politica ambientale non deve essere ispirata dai vincoli, ma dalla creazione di opportunità. Le problematiche dello sviluppo economico e quelle dell’ambiente devono confluire verso l’unico obiettivo di accrescere la qualità della vita attuale e delle generazioni future, superando una impostazione riduttiva e orientata solo verso l’aumento della ricchezza e delle merci.
La sostenibilità nuova frontiera dello sviluppo
Lo sviluppo della green economy è la risposta più robusta che può essere data alla esigenza di uscire positivamente dalla crisi economica, ma anche per cogliere le potenzialità di crescita della Sicilia. Per questo vanno rifiutati modelli di infrastrutturazione come quelli sostenuti dal governo Berlusconi, che fanno perno sul Ponte dello Stretto e sulle centrali nucleari o anche proposte come il piano casa presentato dal governo regionale. che sono rivolti al passato, oltre ad essere difficilmente sostenibili. Quella della sostenibilità e della green economy deve essere una opzione precisa, che orienta le scelte di investimento, gli indirizzi normativi, i comportamenti diffusi nella realizzazione e nell’utilizzo dei beni.
Appartengono a questa opzione:
a) la gestione del ciclo dei rifiuti, rispetto al quale ribadiamo la necessità di un nuovo piano regionale che affronti i temi della limitazione nella produzione dei rifiuti, della incentivazione
della raccolta differenziata, del sostegno al mercato delle materie prime seconde, dei sistemi di smaltimento finale non inquinanti, nonché il tema del riassetto degli ato con chiara separazione tra autorità d’ambito e gestione del servizio, e aiuti gli enti locali e le società d’ambito con l’adozione di piani di rientro dai debiti;
b) l’uso e la gestione dell’acqua, rispetto ai quali crescono sempre più le perplessità e le forme di opposizione sociale nei confronti dell’affidamento ai privati, che richiedono la revisione dei meccanismi per affermare la proprietà ed il controllo pubblici su un bene che è vitale per ognuno.
c) la questione energetica, decisiva per il futuro, sia per il contributo che ne può venire nella lotta ai cambiamenti climatici, sia perché la Sicilia può diventare regione di punta nel Mediterraneo nello sfruttamento delle fonti pulite e rinnovabili, in termini di posizionamento scientifico e tecnologico. Importanti sono l’incentivazione per la produzione e la diffusione di veicoli a basse o nulle emissioni, l’individuazione di programmi di ricerca e il potenziamento di quelli già presenti, l’avvio della trasformazione dei petrolchimici in poli di produzione energetica alternativa, una pianificazione idonea a supportare il risparmio e l’efficientamento energetico degli edifici, il completamento della rete di trasporto della energia elettrica.
d) la rete dei trasporti, per realizzare un sistema efficiente ed ecosostenibile. I collegamenti interni, il potenziamento della rete ferroviaria, l’implementazione delle autostrade del mare, l’intermodalità, rappresentano alcune delle opzioni principali.
L’economia siciliana non riesce a garantire lavoro, che va ricercato basandosi sulla risposta a bisogni reali e sullo sviluppo delle attività produttive.
Alcuni nodi fondamentali da affrontare e risolvere riguardano:
1) la rinascita di una cultura d’impresa e del lavoro distrutta dall’assistenzialismo e dallo scambio clientelare; il talento ed il merito devono tornare ad essere i fattori per l’ inserimento, soprattutto nei settori pubblici, e per il successo;
2) la formazione delle risorse umane, laddove va radicalmente riformato un sistema che assorbe e spreca risorse imponenti, attraverso piani unici formativi, i distretti territoriali, il coinvolgimento dei soggetti attivi sul territorio a cominciare dalle imprese.
3) Il superamento del precariato. Cominciando con il non produrne di nuovo e prevedendo procedure chiare per il transito dei precari verso forme di lavoro stabile;
4) L’utilizzo delle risorse pubbliche, in particolare quelle di fonte comunitaria e nazionale che, attraverso una programmazione sapiente devono essere investite prioritariamente nel rafforzamento della attrezzatura complessiva dei territori e nel potenziamento dell’offerta dei beni collettivi. Non si può ipotizzare, però, che i capitali privati vengano investiti in Sicilia senza che vi sia un preciso indirizzo pubblico che induca a localizzare gli investimenti in alcuni settori, determinando condizioni più favorevoli, almeno nelle fasi di start-up. Gli incentivi e le varie forme di sostegno alle imprese devono essere automatici e non intermediati, diretti a privilegiare l’innovazione e la crescita tecnologica, mirati al sostegno dimensionale e alla consistenza del lavoro che si genera;
5) Il sostegno alle piccole e medie imprese, alle imprese cooperative, che costituiscono l’asse portante della economia siciliana, sia in fase di creazione di nuove imprese, soprattutto per quelle giovanili e femminili, che durante la normale attività. Va privilegiato l’uso del credito agevolato ed il rafforzamento del capitale di impresa, anche per diminuire l’elevata dipendenza delle imprese siciliane dall’indebitamento bancario che diventa oggi causa di forti restrizioni e di aumento del rischio insolvenza. Va organizzata e sostenuta la diffusione delle innovazioni tecnologiche. Vanno riorganizzate le Asi, puntando su modelli gestionali affidati alle imprese.
I settori trainanti della economia siciliana sono anche quelli dove è più facile la dimensione della sostenibilità e la riconversione verso modelli di green economy. Così è per l’agricoltura e
la pesca, ma anche per il turismo collegato alla qualità dell’ambiente ed integrato con i beni culturali e con i circuiti enogastronomici.
Occorre guardare all’agricoltura in modo integrato con il sistema turistico, con l’artigianato e nei rapporti di filiera, con particolare attenzione all’accorciamento della filiera che porta il prodotto dal produttore al consumatore. Importante è il sostegno alla penetrazione sui mercati e la creazione di centri per l’abbattimento dei costi di trasporto, il sostegno all’industria di prima trasformazione, lo sviluppo del mercato biologico e del sistema di certificazione dei prodotti tipici e di qualità.
E’ strategicamente rilevante che la Sicilia non perda e se possibile, acquisisca insediamenti di grandi industrie, per l’apporto occupazionale che danno, ma anche come elemento di trasmissione di know how tecnologico e di impresa, nonché di propulsione della ricerca, come è stato e ancor di più può essere con la Fiat e la STM.
Una delle più importanti iniziative da portare avanti è la riqualificazione delle aree urbane periferiche, delle aree degradate soprattutto costiere, il recupero del patrimonio architettonico e dei centri storici minori, la rinaturalizzazione del territorio.
Al contempo va prestata grande attenzione allo sviluppo delle nuove tecnologie ed alla diffusione dell’informatica, come fattore di crescita sociale ed anche di nuove relazioni, ad esempio tra cittadini ed istituzioni, così come alla informazione ed alla comunicazione.
Riforme per uscire dalla crisi
Alcuna seria prospettiva di sviluppo è immaginabile senza un radicale cambiamento della Regione, che la crisi economica ha fatto esplodere e che a sua volta impedisce qualunque strategia di uscita in positivo dalla crisi.
La riforma della Regione deve realizzare gli obiettivi della snellezza, dell’efficienza e del controllo di legalità, del trasferimento stabile di risorse e competenze agli enti locali.
La Regione che serve ai siciliani è quella che organizza tramite le regole, fa sistema con i protagonisti sociali e gli enti locali, sviluppa la coesione, la concertazione e la partecipazione democratica come metodo di governo.
Una Regione in cui venga restituita centralità alla società civile ed agli enti territoriali.
E’ indispensabile affrontare un percorso di rigorose riforme che affrontino i nodi strutturali, quali la sanità, la formazione professionale, gli ato rifiuti.
Centrale è la questione del federalismo interno. Anche la nostra regione ed immediatamente gli enti locali sono stati investiti ed ancor più lo saranno nei mesi a venire dai processi di riforma in senso federalista dello stato. Si deve ridisegnare l’assetto delle funzioni, delle competenze e delle risorse tra regione ed enti locali, occorre prepararsi a introdurre gli obiettivi di servizio, collegati agli standard di efficienza ed ai relativi costi. Se il federalismo nasconde insidie ed incognite, di certo però, può diventare occasione per un forte cambiamento delle istituzioni in Sicilia.
Altrettanto decisiva è la riforma della spesa, attraverso l’introduzione del bilancio organizzato per missioni ed obiettivi misurabili e verificabili, l’attività di controllo parlamentare, della Corte dei Conti e dei cittadini attraverso i bilanci sociali.
Serve un piano di riequilibrio poliennale che affronti con interventi e riforme radicali alcuni comparti di spesa quali: il precariato, il personale, il sottobosco degli enti, la dispersione delle risorse che vengono spese senza alcuna valutazione di efficacia, il controllo dell’indebitamento.
Il PD motore del cambiamento
Per realizzare queste prospettive di profondi cambiamenti è necessario un motore politico che soltanto il Partito Democratico siciliano può essere.
Il Partito Democratico siciliano deve manifestarsi all’altezza del compito, per questo occorre ricostruire un partito che abbia un chiaro e riconoscibile profilo politico e programmatico, che sia radicato nei territori e nei gangli vitali della società siciliana, che sia capace di coagulare e di impegnare utilmente grandi risorse umane, che attragga il consenso necessario per lottare e vincere la battaglia politica.
Il partito Democratico siciliano ha completato una elaborazione del suo statuto che mira ad affermare da una parte la necessità di un partito nazionale che lavori a ricomporre le basi della unità nazionale oggi seriamente minacciata da quella che viene definita come secessione silenziosa, dall’altra rivendica un impianto di tipo federalista con piena autonomia di indirizzo politico e di scelta, nel rigoroso rispetto delle regole, dei rappresentanti istituzionali e dei parlamentari che devono essere espressione del territorio siciliano.
Il PD siciliano ha accumulato in questi due anni anche un discreto patrimonio di elaborazione e di proposte: dai documenti costituenti quali il manifesto dei valori, il programma per il 2008, il programma infrastrutture, ai più recenti documenti sul federalismo fiscale, sulla crisi economica, sulle elezioni europee del 2009. Non è stato però fatto uno sforzo organizzato per fare diventare queste elaborazioni patrimonio di tutto il partito e non si è realizzato un sufficiente livello di iniziativa per veicolarlo nell’azione concreta e nella società siciliana.
Essi costituiscono un punto di riferimento condiviso.
Il PD deve diventare un partito orgoglioso delle culture politiche che lo compongono, rispettoso delle diversità, ma tutto proiettato nel confronto delle idee e sulle iniziative da portare avanti.
Occorre lavorare per evitare che permangano logiche di vecchie o di nuove parziali appartenenze, creando un clima di leale collaborazione e di reciproca fiducia nei militanti e nei gruppi dirigenti.
Al contempo il PD deve acquisire credibilità e affidabilità nei confronti dei cittadini e degli elettori.
Occorre, soprattutto, adoperarsi per far corrispondere sempre gli enunciati ed i propositi, soprattutto se riferibili a valori fondanti, ai comportamenti concreti ed alle scelte che si compiono, sia all’interno del partito che nei confronti della politica e della società.
Il lavoro nel partito privilegerà il metodo della collegialità, anche per contribuire a diffondere e consolidare la dimensione e la percezione di un partito solidale e collettivo.
Chi assumerà responsabilità di vertice dovrà organizzare il lavoro di squadra, stimolare e orientare il dibattito, rappresentare adeguatamente la linea politica, promuovere le iniziative.
Il PD siciliano deve incrementare la quantità e la qualità della sua elaborazione, attraverso soprattutto la costruzione di luoghi e di momenti di confronto e di proposta, con una interlocuzione aperta con i protagonisti sociali, le organizzazioni sindacali, professionali, di categorie produttive, ma anche con il diffondersi delle consulte stabili e dei forum tematici che coinvolgano soggetti attivi dentro il partito ma anche esperti, studiosi, attori sociali che vogliono dare il proprio contributo.
Il PD siciliano deve realizzare sempre più iniziative politiche, anche focalizzate su singoli temi importanti ed utilizzare la metodologia della campagne per sensibilizzare e coinvolgere le cittadine ed i cittadini. Nel PD dovranno organizzarsi vere e proprie strutture di servizio che corrispondano alle esigenze più avvertite nel fare politica quotidiana.
Il PD siciliano deve far fruttare al meglio il patrimonio di iscritti che esso rappresenta, riorganizzando dal basso la presenza nei territori e da questo punto di vista è fondamentale che ad ogni circolo nei comuni come nelle grandi città corrisponda una sede organizzata, luogo di aggregazione e di confronto, un punto di riferimento per le istanze dei cittadini.
I circoli dovranno promuovere una costante partecipazione e lo sviluppo delle attività dei circoli che, tuttavia, non devono pensare di racchiudere in se stessi tutta la dimensione politica del PD, ma devono lavorare per allargare la partecipazione consapevole dei cittadini elettori. Gli iscritti hanno il fondamentale ruolo di organizzare i circoli, di esprimere gruppi dirigenti locali capaci e rappresentativi, di sostenere le iniziative.
Vanno però realizzati momenti significativi e costanti di allargamento ai simpatizzanti ed agli elettori, sia attraverso le primarie, sia attraverso l’organizzazione di consultazioni su questioni rilevanti, sia attraverso un rapporto fecondo con le varie realtà associative presenti sul territorio, che vogliono proporsi come nostri interlocutori, sempre nel rigoroso rispetto della loro autonomia.
Bisogna realizzare e mantenere collegamenti funzionali e politici stretti con le realtà periferiche e le strutture territoriali, così come occorrerà insediare e far ben lavorare le strutture previste dallo statuto regionale del partito.
Grande importanza si assegna alla comunicazione esterna ed ai flussi informativi interni al partito, per questo sarà organizzata una struttura regionale dedicata e si incentiverà l’utilizzo degli strumenti massmediali ed informatici.
Va promosso il ricambio generazionale insieme all’ingresso in ruoli chiave di soggetti finora esclusi o poco presenti. Per questo il PD si adopererà per promuovere l’assunzione di responsabilità nei ruoli dirigenti del partito a tutti i livelli dei giovani e delle donne, come scelta di fondo e non soltanto per dare attuazione allo statuto regionale del partito.
Una forte interazione va realizzata con gli amministratori locali del PD, a partire da quelle amministrazioni in cui esercitiamo un ruolo di governo. Il partito deve essere al fianco di chi governa e comunque opera negli enti locali con coraggio, con onestà e con determinazione e rappresenta anche il primo interfaccia del nostro partito verso i cittadini.
Una consulta permanente degli amministratori locali può essere uno strumento utile.
Allo stesso tempo vanno costruite una grande sinergia e sintonia con il gruppo parlamentare all’Ars e con i parlamentari nazionali ed europei. In particolare va valorizzato il lavoro dei deputati al parlamento siciliano, che rappresenta il punto di applicazione più alto per la politica in Sicilia.
Il PD siciliano dovrà svolgere fino in fondo e con determinazione il ruolo di opposizione che i risultati elettorali gli anno assegnato, ma esso lavora per costruire una maggioranza politica che in Sicilia abbia la volontà e la forza di avviare un forte programma di cambiamento.
Per questo occorre riprendere il dialogo con le altre forze politiche di centrosinistra, nella chiarezza e nella specificazione dei punti programmatici, nel reciproco rispetto, nella costruzione di momenti comuni di confronto e di iniziativa.
La crisi politica del centro destra in Sicilia ha aperto uno scenario non previsto e può sfociare in soluzioni anche imprevedibili.
La rottura del centro destra sta disarticolando il blocco di consenso che ha trovato il suo punto di forza nel modello di regione insostenibile di cui si è parlato ed anche per questo dobbiamo manifestare attenzione nei riguardi di una rottura del quadro di alleanze che segnasse in modo definitivo il posizionamento di soggetti politici organizzati al di fuori dello schieramento di centro destra.
E’ certo tuttavia che non ci faremo coinvolgere in una prospettiva e neanche in una discussione che mantenesse il PD in una posizione subalterna e non assolutamente coerente con il suo profilo politico e programmatico.
Il lavoro che ci aspetta è gravoso, ma grande è l’impegno ed anche l’affetto che esprimiamo verso il nostro partito, entusiasmante la prospettiva che esso si affermi come forza decisiva per ridare un futuro alla Sicilia.
L’obiettivo che ci poniamo è quello di determinare le condizioni perché il Partito Democratico diventi la forza di riferimento di un governo della regione che sia portatore di idee e proposte di trasformazione nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione, nell’economia e nella società.
La crisi della Regione insostenibile
Gli anni più recenti sono stati caratterizzati dalla stagnazione economica, dalla crisi dell’apparato industriale e di comparti produttivi significativi, dalla ripresa dell’emigrazione, dal riemergere di fenomeni di illegalità e di evidenti infiltrazioni della mafia.
La distanza con l’Europa è aumentata. Il Pil pro capite rappresenta il 67,4% di quello della UE a 27 paesi, mentre quello italiano è del 104,8%. La Sicilia si colloca al 272 posto, tra 274 regioni censite, per tasso di attività; al 273 posto per tasso di attività femminile, mentre è tra le prime venti per tasso di disoccupazione. L’indice di povertà relativa è il più alto in Italia ed è in crescita rispetto agli anni precedenti. Nella attuazione della strategia di Lisbona, la Sicilia si colloca agli ultimi posti per capacità di avanzamento. La spesa per ricerca & sviluppo e per l’istruzione si sono ridotte se misurate sul Pil, il ricorso a fonti rinnovabili di energia e la quantità di raccolta differenziata sono molto lontani dai parametri di riferimento.
Una regione che come la Sicilia regredisce sui fattori di sviluppo, che altri in Europa invece sfruttano con diligenza, non ha futuro.
Grandi sono le responsabilità dei governi di centro destra, che hanno riportato l’intermediazione parassitaria e clientelare al centro dell’azione politica, che hanno sprecato l’occasione offerta dai fondi comunitari, che hanno reso poco credibili le istituzioni siciliane, senza capacità di perseguire strategie valide. Altrettanto gravi le responsabilità del governo Berlusconi, che ha scelto la centralità del Nord, l’emarginazione della Sicilia, saccheggiando anche i fondi Fas.
La crisi economica globale sta avendo pesanti ricadute nella nostra regione: si stanno perdendo decine di migliaia di posti di lavoro, migliaia di piccole imprese hanno chiuso, in agricoltura si sono persi milioni di giornate di lavoro, sono a rischio pezzi importanti dell’industria. Si sta realizzando un effetto cumulo: la crisi economica si somma, infatti, al fallimento della strategia di sviluppo sottesa al quadro comunitario di sostegno ed al collasso dell’intero sistema di governo regionale, basti pensare alla condizione di pratico dissesto dei grandi comuni o al disastro degli Ato rifiuti.
Il sistema di governo collassa anche perché si sono fatti più stringenti i vincoli esterni all’azione di governo, quali il patto di stabilità, il limite all’indebitamento, l’obbligo del piano di rientro dai debiti della sanità, le direttive comunitarie, e perché ci sono sempre meno risorse disponibili, come dimostra il bilancio regionale in cui l’85% delle risorse va in spese correnti ed ha raggiunto nel 2008 lo strabiliante deficit di oltre cinque miliardi di deficit.Quello che è andato in profonda crisi è il modello di Regione insostenibile, che intermedia ma non indirizza, che spende ma non progetta, che ha una economia sostanzialmente retta dalla domanda e dai consumi e poco orientata alla produzione, con meccanismi di redistribuzione del reddito fortemente squilibrati.
Anche per questo esplode il centro destra e si aprono conflitti durissimi tra le forze politiche che lo compongono e che pure avevano ricevuto, soltanto lo scorso anno, un consenso plebiscitario.
Il governo regionale è paralizzato e incapace di affrontare anche le più lampanti emergenze, proprio mentre l’intervento pubblico è diventato più essenziale per fronteggiare con misure anticicliche la crisi economica globale e per individuare processi di cambiamento quali quelli delineati dalla UE: attuazione delle riforme connesse alla strategia di Lisbona, riconversione dell’economia verso produzioni “verdi” , a basse emissioni nell’ambiente.
Un grande progetto di cambiamento
Siamo convinti che in Sicilia ci siano le energie umane e le capacità, le risorse e la volontà per cambiare e per affrontare in modo innovativo i problemi e risolverli.
Per organizzare queste forze dentro una prospettiva politica di cambiamento è necessario che si definisca un progetto strategico condiviso e ci sia un soggetto politico organizzato, come il Partito Democratico siciliano, in grado di sostenerlo e portarlo avanti con coerenza e decisione.
La Sicilia ha bisogno di una rinnovata identità, di una idea generale di se e del proprio sviluppo, che sappia misurarsi con i nuovi scenari legati alla dimensione sovranazionale dei problemi, alla nuova centralità che ha acquisito il Mediterraneo, alla crescita del ruolo delle autonomie locali nel nostro paese determinato dal procedere delle trasformazioni in senso federale dello stato.
Una identità che ridefinisca il patto tra cittadini ed istituzioni all’interno di serie riforme delle strutture regionali, affermi il senso della legalità e della moralità nella conduzione della cosa pubblica, sia caratterizzata dalla espansione della democrazia e dei diritti di cittadinanza, esprima una robusta carica progettuale in un nuovo sistema di rapporti tra pubblico e privato, centrando le prospettive di sviluppo sulla innovazione, sulla qualità, sulla sostenibilità, coerenti con la nostra storia e le nostre vocazioni.
Un nuovo meridionalismo e la centralità del Mediterraneo
Questo è il contributo più grande che può venire dalla Sicilia per determinare a tutti i livelli la consapevolezza che la questione del sud è una grande questione nazionale, che attiene alle gravi disuguaglianze e ai permanenti squilibri territoriali che condizionano le capacità di sviluppo del nostro paese.
E’ tutto il paese che annaspa, che è in difficoltà. Il Sud non è la palla al piede da cui occorre liberarsi per favorire i processi di ristrutturazione del centro nord. Al contrario, il sud contiene un potenziale ancora inespresso che può contribuire ad un forte rilancio dell’intero paese. Per questo è sacrosanto rivendicare l’assegnazione dei fondi statali che ci sono stati sottratti o ci vengono negati.
La Sicilia e tutto il Sud in questi anni hanno ricevuto risorse statali inferiori a quelle corrispondenti al cosiddetto’peso naturale’ delle regioni meridionali nel contesto nazionale.
Allo stesso tempo è necessario che vi sia la piena assunzione di responsabilità delle classi dirigenti meridionali, chiamate ad esprimere una nuova qualità progettuale ed alla rottura dello schema perverso che lega l’uso delle risorse pubbliche alla creazione del consenso clientelare.
La questione meridionale deve essere interpretata alla luce della questione Mediterraneo, che ne delinea una dimensione nuova. In questi anni è cresciuta la funzione strategica dell’area mediterranea, si sono enormemente incrementati i flussi commerciali, si pone quindi la necessità di lavorare per cogliere queste nuove opportunità, secondo due direttrici: attrezzando il territorio in modo che possa rappresentare una piattaforma logistica che aggiunge valore ai prodotti e assumendo iniziative affinché l’Europa sviluppi il progetto dell’Unione per il Mediterraneo.
Vanno infatti potenziate le relazioni con i paesi che si affacciano nell’intero bacino, perché si sviluppi la pace, si affermino la democrazia e i diritti umani in tutti i paesi e si affrontino temi
drammatici quali la povertà, lo sfruttamento, le persecuzioni. E’ questa la via principale per risolvere la questione dei migranti che noi non consideriamo un fenomeno di svantaggio e di pericolo per la vita sociale, ma come possibile condizione di crescita e di ricchezza per le nostre comunità.
La centralità geografica della Sicilia nel contesto euromediterraneo va trasformata in centralità politica e in questo senso va sostenuto l’impegno votato dal Parlamento affinchè Palermo sia la sede del Forum per il Mediterraneo ed in centralità economica, puntando sulle tecnologie ambientali, sui beni culturali, sulla sicurezza alimentare e sull’agricoltura biologica, sull’energia da fonti rinnovabili, sui settori avanzati dei servizi, solo per fare alcuni esempi di attività che possono enormemente incentivare gli scambi.
E’ questa, una scelta prioritaria di un piano strategico per la Sicilia, che deve essere messo a punto con il concorso e l’ampia partecipazione di tutti i soggetti protagonisti sui territori e che individua tra le altre priorità: la dimensione sostenibile e solidale dello sviluppo nella prospettiva di una reale sussidiarietà; la qualificazione del capitale umano e sociale; la promozione della ricerca e del trasferimento tecnologico, delle innovazioni produttive per migliorare la competitività del sistema privato e pubblico; la riorganizzazione della regione; la crescita ed il protagonismo dei territori, perché lo sviluppo locale diventi luogo di incontro tra valorizzazione delle risorse e attivazione delle competenze.
Una nuova stagione di liberazione dalla mafia, per una legalità forte e condivisa
Non ci sarà sviluppo, né vera democrazia senza la liberazione della Sicilia dalla presenza e dalla pressione della mafia e della criminalità organizzata che soffocano la società, opprimono le imprese, tendono a condizionare la politica e le istituzioni, si infiltrano nel ciclo della spesa e delle opere pubbliche. Le organizzazioni mafiose sono in grado di condizionare pesantemente vaste aree del mezzogiorno e non è un caso che le quattro regioni che sono rimaste nell’obiettivo convergenza, siano anche quelle dove più forte è la presenza delle mafie, che sono tuttavia in grado di influire negativamente sull’economia e sulle attività finanziarie dell’intero paese.
Occorre ribadire che la lotta alle mafie deve essere una priorità nazionale e l’azione di contrasto deve essere sempre forte e puntuale, a cominciare dal controllo del territorio, dalla confisca dei patrimoni che va rafforzata e resa effettiva, nonché dalla adozione di normative europee contro il riciclaggio dei capitali.
Vanno incoraggiati, estesi e consolidati fenomeni come quello che ha visto in Sicilia una rottura senza precedenti da parte di alcune associazioni imprenditoriali della zona grigia di acquiescenza al racket e alla mafia. Occorre spingere le forze politiche ad adottare moduli di selezione della classe dirigente che mettano fuori dalla rappresentanza connivenze e compiacenze. Occorre rafforzare il controllo di legalità sulle attività della P.A. dando anche più strumenti ai cittadini per partecipare ed intervenire. La normativa sugli appalti dovrà favorire la qualificazione delle imprese e contrastare il lavoro nero e il mancato rispetto delle normative di sicurezza.
La battaglia alla mafia deve anche connotarsi significativamente sul terreno della qualità dello sviluppo sociale, della cultura della legalità, della educazione alla non violenza.
In Sicilia occorre passare da una legalità debole e non riconosciuta ad una legalità forte e condivisa, perché certa, efficace, semplice.
La pratica della illegalità è favorita dalla cultura della conservazione dei privilegi, dell’assistenzialismo, del sostegno pubblico come favore. Il rispetto delle leggi e della convivenza civile , il rifiuto delle pratiche clientelari e di scambio costituiscono per noi valori discriminanti, che vanno perseguiti senza indugi.
La Sicilia dei diritti e delle pari opportunità
I diritti come pari opportunità devono tradursi nella certezza di accesso per tutti, senza discriminazioni, alla società che produce, che studia, che fruisce dei servizi, con particolare attenzione ai soggetti deboli e a rischio. Fondamentale è l’attivazione di politiche attive contro l’esclusione sociale e la povertà che riguardano fasce consistenti della popolazione. Va lanciata una strategia di produttività e di formazione di ricchezza, garantendo comunque un sistema di sostegno al reddito articolato per gruppi sociali, che vada dal reddito minimo alla messa a disposizione di servizi.
Un grande fattore di cambiamento sociale è dato dalla concreta affermazione del principio di parità di genere, che passa anche dalla presenza delle donne nei posti di responsabilità, ma che necessita di interventi nel settore del lavoro e della formazione, delle politiche sociali e della cittadinanza, allo scopo di favorire la conciliazione dei tempi di vita, della famiglia e del lavoro. Grande attenzione va riservata al contrasto, soprattutto culturale, della violenza sulle donne e sulla realizzazione di misure e strutture.
Al contempo occorre dare centralità alle politiche a favore della famiglia, alla formazione delle giovani coppie, al mantenimento in famiglia dei soggetti deboli.
Il privato sociale organizzato ed il terzo settore costituiscono ormai una realtà radicata, di cui occorre favorire un ordinato sviluppo, nell’ottica della sussidiarietà orizzontale.
La salute è un diritto, prima di essere un servizio alla collettività. Una invasiva gestione politica, unita ad una gestione organizzativa dissennata hanno portato la sanità in Sicilia al tracollo, a gravi inefficienze, a limitazioni nel servizio pubblico. Insistiamo perché vengano inserite regole chiare e trasparenti per la selezione dei dirigenti ed una puntuale verifica dei risultati da parte di organismi terzi. Al contempo pensiamo sia tempo di redigere un nuovo organico piano sanitario.
Rientrano nel concetto più generale di salute anche le attività motorie e lo sport, che costituisce, altresì, un fattore di crescita sociale che va organicamente sostenuto in tutte le sue articolazioni, agonistiche, amatoriali, curative.
Il sistema scolastico e formativo siciliano è fortemente deficitario e, nel paragone con le altre realtà, sembra che la Sicilia scivoli verso la società dell’ignoranza. E’ centrale, dunque, l’iniziativa perché venga realizzato un sistema scolastico evoluto e di qualità con al centro la scuola pubblica statale, con adeguate risorse, con interventi sull’edilizia e sulle attrezzature, nonché sul diritto allo studio.
I siciliani devono poter esercitare il proprio diritto all’ambiente, attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle biodiversità, la salute degli ecosistemi, l’uso razionale delle risorse, l’applicazione dei principi di protezione e di precauzione.
La politica ambientale non deve essere ispirata dai vincoli, ma dalla creazione di opportunità. Le problematiche dello sviluppo economico e quelle dell’ambiente devono confluire verso l’unico obiettivo di accrescere la qualità della vita attuale e delle generazioni future, superando una impostazione riduttiva e orientata solo verso l’aumento della ricchezza e delle merci.
La sostenibilità nuova frontiera dello sviluppo
Lo sviluppo della green economy è la risposta più robusta che può essere data alla esigenza di uscire positivamente dalla crisi economica, ma anche per cogliere le potenzialità di crescita della Sicilia. Per questo vanno rifiutati modelli di infrastrutturazione come quelli sostenuti dal governo Berlusconi, che fanno perno sul Ponte dello Stretto e sulle centrali nucleari o anche proposte come il piano casa presentato dal governo regionale. che sono rivolti al passato, oltre ad essere difficilmente sostenibili. Quella della sostenibilità e della green economy deve essere una opzione precisa, che orienta le scelte di investimento, gli indirizzi normativi, i comportamenti diffusi nella realizzazione e nell’utilizzo dei beni.
Appartengono a questa opzione:
a) la gestione del ciclo dei rifiuti, rispetto al quale ribadiamo la necessità di un nuovo piano regionale che affronti i temi della limitazione nella produzione dei rifiuti, della incentivazione
della raccolta differenziata, del sostegno al mercato delle materie prime seconde, dei sistemi di smaltimento finale non inquinanti, nonché il tema del riassetto degli ato con chiara separazione tra autorità d’ambito e gestione del servizio, e aiuti gli enti locali e le società d’ambito con l’adozione di piani di rientro dai debiti;
b) l’uso e la gestione dell’acqua, rispetto ai quali crescono sempre più le perplessità e le forme di opposizione sociale nei confronti dell’affidamento ai privati, che richiedono la revisione dei meccanismi per affermare la proprietà ed il controllo pubblici su un bene che è vitale per ognuno.
c) la questione energetica, decisiva per il futuro, sia per il contributo che ne può venire nella lotta ai cambiamenti climatici, sia perché la Sicilia può diventare regione di punta nel Mediterraneo nello sfruttamento delle fonti pulite e rinnovabili, in termini di posizionamento scientifico e tecnologico. Importanti sono l’incentivazione per la produzione e la diffusione di veicoli a basse o nulle emissioni, l’individuazione di programmi di ricerca e il potenziamento di quelli già presenti, l’avvio della trasformazione dei petrolchimici in poli di produzione energetica alternativa, una pianificazione idonea a supportare il risparmio e l’efficientamento energetico degli edifici, il completamento della rete di trasporto della energia elettrica.
d) la rete dei trasporti, per realizzare un sistema efficiente ed ecosostenibile. I collegamenti interni, il potenziamento della rete ferroviaria, l’implementazione delle autostrade del mare, l’intermodalità, rappresentano alcune delle opzioni principali.
L’economia siciliana non riesce a garantire lavoro, che va ricercato basandosi sulla risposta a bisogni reali e sullo sviluppo delle attività produttive.
Alcuni nodi fondamentali da affrontare e risolvere riguardano:
1) la rinascita di una cultura d’impresa e del lavoro distrutta dall’assistenzialismo e dallo scambio clientelare; il talento ed il merito devono tornare ad essere i fattori per l’ inserimento, soprattutto nei settori pubblici, e per il successo;
2) la formazione delle risorse umane, laddove va radicalmente riformato un sistema che assorbe e spreca risorse imponenti, attraverso piani unici formativi, i distretti territoriali, il coinvolgimento dei soggetti attivi sul territorio a cominciare dalle imprese.
3) Il superamento del precariato. Cominciando con il non produrne di nuovo e prevedendo procedure chiare per il transito dei precari verso forme di lavoro stabile;
4) L’utilizzo delle risorse pubbliche, in particolare quelle di fonte comunitaria e nazionale che, attraverso una programmazione sapiente devono essere investite prioritariamente nel rafforzamento della attrezzatura complessiva dei territori e nel potenziamento dell’offerta dei beni collettivi. Non si può ipotizzare, però, che i capitali privati vengano investiti in Sicilia senza che vi sia un preciso indirizzo pubblico che induca a localizzare gli investimenti in alcuni settori, determinando condizioni più favorevoli, almeno nelle fasi di start-up. Gli incentivi e le varie forme di sostegno alle imprese devono essere automatici e non intermediati, diretti a privilegiare l’innovazione e la crescita tecnologica, mirati al sostegno dimensionale e alla consistenza del lavoro che si genera;
5) Il sostegno alle piccole e medie imprese, alle imprese cooperative, che costituiscono l’asse portante della economia siciliana, sia in fase di creazione di nuove imprese, soprattutto per quelle giovanili e femminili, che durante la normale attività. Va privilegiato l’uso del credito agevolato ed il rafforzamento del capitale di impresa, anche per diminuire l’elevata dipendenza delle imprese siciliane dall’indebitamento bancario che diventa oggi causa di forti restrizioni e di aumento del rischio insolvenza. Va organizzata e sostenuta la diffusione delle innovazioni tecnologiche. Vanno riorganizzate le Asi, puntando su modelli gestionali affidati alle imprese.
I settori trainanti della economia siciliana sono anche quelli dove è più facile la dimensione della sostenibilità e la riconversione verso modelli di green economy. Così è per l’agricoltura e
la pesca, ma anche per il turismo collegato alla qualità dell’ambiente ed integrato con i beni culturali e con i circuiti enogastronomici.
Occorre guardare all’agricoltura in modo integrato con il sistema turistico, con l’artigianato e nei rapporti di filiera, con particolare attenzione all’accorciamento della filiera che porta il prodotto dal produttore al consumatore. Importante è il sostegno alla penetrazione sui mercati e la creazione di centri per l’abbattimento dei costi di trasporto, il sostegno all’industria di prima trasformazione, lo sviluppo del mercato biologico e del sistema di certificazione dei prodotti tipici e di qualità.
E’ strategicamente rilevante che la Sicilia non perda e se possibile, acquisisca insediamenti di grandi industrie, per l’apporto occupazionale che danno, ma anche come elemento di trasmissione di know how tecnologico e di impresa, nonché di propulsione della ricerca, come è stato e ancor di più può essere con la Fiat e la STM.
Una delle più importanti iniziative da portare avanti è la riqualificazione delle aree urbane periferiche, delle aree degradate soprattutto costiere, il recupero del patrimonio architettonico e dei centri storici minori, la rinaturalizzazione del territorio.
Al contempo va prestata grande attenzione allo sviluppo delle nuove tecnologie ed alla diffusione dell’informatica, come fattore di crescita sociale ed anche di nuove relazioni, ad esempio tra cittadini ed istituzioni, così come alla informazione ed alla comunicazione.
Riforme per uscire dalla crisi
Alcuna seria prospettiva di sviluppo è immaginabile senza un radicale cambiamento della Regione, che la crisi economica ha fatto esplodere e che a sua volta impedisce qualunque strategia di uscita in positivo dalla crisi.
La riforma della Regione deve realizzare gli obiettivi della snellezza, dell’efficienza e del controllo di legalità, del trasferimento stabile di risorse e competenze agli enti locali.
La Regione che serve ai siciliani è quella che organizza tramite le regole, fa sistema con i protagonisti sociali e gli enti locali, sviluppa la coesione, la concertazione e la partecipazione democratica come metodo di governo.
Una Regione in cui venga restituita centralità alla società civile ed agli enti territoriali.
E’ indispensabile affrontare un percorso di rigorose riforme che affrontino i nodi strutturali, quali la sanità, la formazione professionale, gli ato rifiuti.
Centrale è la questione del federalismo interno. Anche la nostra regione ed immediatamente gli enti locali sono stati investiti ed ancor più lo saranno nei mesi a venire dai processi di riforma in senso federalista dello stato. Si deve ridisegnare l’assetto delle funzioni, delle competenze e delle risorse tra regione ed enti locali, occorre prepararsi a introdurre gli obiettivi di servizio, collegati agli standard di efficienza ed ai relativi costi. Se il federalismo nasconde insidie ed incognite, di certo però, può diventare occasione per un forte cambiamento delle istituzioni in Sicilia.
Altrettanto decisiva è la riforma della spesa, attraverso l’introduzione del bilancio organizzato per missioni ed obiettivi misurabili e verificabili, l’attività di controllo parlamentare, della Corte dei Conti e dei cittadini attraverso i bilanci sociali.
Serve un piano di riequilibrio poliennale che affronti con interventi e riforme radicali alcuni comparti di spesa quali: il precariato, il personale, il sottobosco degli enti, la dispersione delle risorse che vengono spese senza alcuna valutazione di efficacia, il controllo dell’indebitamento.
Il PD motore del cambiamento
Per realizzare queste prospettive di profondi cambiamenti è necessario un motore politico che soltanto il Partito Democratico siciliano può essere.
Il Partito Democratico siciliano deve manifestarsi all’altezza del compito, per questo occorre ricostruire un partito che abbia un chiaro e riconoscibile profilo politico e programmatico, che sia radicato nei territori e nei gangli vitali della società siciliana, che sia capace di coagulare e di impegnare utilmente grandi risorse umane, che attragga il consenso necessario per lottare e vincere la battaglia politica.
Il partito Democratico siciliano ha completato una elaborazione del suo statuto che mira ad affermare da una parte la necessità di un partito nazionale che lavori a ricomporre le basi della unità nazionale oggi seriamente minacciata da quella che viene definita come secessione silenziosa, dall’altra rivendica un impianto di tipo federalista con piena autonomia di indirizzo politico e di scelta, nel rigoroso rispetto delle regole, dei rappresentanti istituzionali e dei parlamentari che devono essere espressione del territorio siciliano.
Il PD siciliano ha accumulato in questi due anni anche un discreto patrimonio di elaborazione e di proposte: dai documenti costituenti quali il manifesto dei valori, il programma per il 2008, il programma infrastrutture, ai più recenti documenti sul federalismo fiscale, sulla crisi economica, sulle elezioni europee del 2009. Non è stato però fatto uno sforzo organizzato per fare diventare queste elaborazioni patrimonio di tutto il partito e non si è realizzato un sufficiente livello di iniziativa per veicolarlo nell’azione concreta e nella società siciliana.
Essi costituiscono un punto di riferimento condiviso.
Il PD deve diventare un partito orgoglioso delle culture politiche che lo compongono, rispettoso delle diversità, ma tutto proiettato nel confronto delle idee e sulle iniziative da portare avanti.
Occorre lavorare per evitare che permangano logiche di vecchie o di nuove parziali appartenenze, creando un clima di leale collaborazione e di reciproca fiducia nei militanti e nei gruppi dirigenti.
Al contempo il PD deve acquisire credibilità e affidabilità nei confronti dei cittadini e degli elettori.
Occorre, soprattutto, adoperarsi per far corrispondere sempre gli enunciati ed i propositi, soprattutto se riferibili a valori fondanti, ai comportamenti concreti ed alle scelte che si compiono, sia all’interno del partito che nei confronti della politica e della società.
Il lavoro nel partito privilegerà il metodo della collegialità, anche per contribuire a diffondere e consolidare la dimensione e la percezione di un partito solidale e collettivo.
Chi assumerà responsabilità di vertice dovrà organizzare il lavoro di squadra, stimolare e orientare il dibattito, rappresentare adeguatamente la linea politica, promuovere le iniziative.
Il PD siciliano deve incrementare la quantità e la qualità della sua elaborazione, attraverso soprattutto la costruzione di luoghi e di momenti di confronto e di proposta, con una interlocuzione aperta con i protagonisti sociali, le organizzazioni sindacali, professionali, di categorie produttive, ma anche con il diffondersi delle consulte stabili e dei forum tematici che coinvolgano soggetti attivi dentro il partito ma anche esperti, studiosi, attori sociali che vogliono dare il proprio contributo.
Il PD siciliano deve realizzare sempre più iniziative politiche, anche focalizzate su singoli temi importanti ed utilizzare la metodologia della campagne per sensibilizzare e coinvolgere le cittadine ed i cittadini. Nel PD dovranno organizzarsi vere e proprie strutture di servizio che corrispondano alle esigenze più avvertite nel fare politica quotidiana.
Il PD siciliano deve far fruttare al meglio il patrimonio di iscritti che esso rappresenta, riorganizzando dal basso la presenza nei territori e da questo punto di vista è fondamentale che ad ogni circolo nei comuni come nelle grandi città corrisponda una sede organizzata, luogo di aggregazione e di confronto, un punto di riferimento per le istanze dei cittadini.
I circoli dovranno promuovere una costante partecipazione e lo sviluppo delle attività dei circoli che, tuttavia, non devono pensare di racchiudere in se stessi tutta la dimensione politica del PD, ma devono lavorare per allargare la partecipazione consapevole dei cittadini elettori. Gli iscritti hanno il fondamentale ruolo di organizzare i circoli, di esprimere gruppi dirigenti locali capaci e rappresentativi, di sostenere le iniziative.
Vanno però realizzati momenti significativi e costanti di allargamento ai simpatizzanti ed agli elettori, sia attraverso le primarie, sia attraverso l’organizzazione di consultazioni su questioni rilevanti, sia attraverso un rapporto fecondo con le varie realtà associative presenti sul territorio, che vogliono proporsi come nostri interlocutori, sempre nel rigoroso rispetto della loro autonomia.
Bisogna realizzare e mantenere collegamenti funzionali e politici stretti con le realtà periferiche e le strutture territoriali, così come occorrerà insediare e far ben lavorare le strutture previste dallo statuto regionale del partito.
Grande importanza si assegna alla comunicazione esterna ed ai flussi informativi interni al partito, per questo sarà organizzata una struttura regionale dedicata e si incentiverà l’utilizzo degli strumenti massmediali ed informatici.
Va promosso il ricambio generazionale insieme all’ingresso in ruoli chiave di soggetti finora esclusi o poco presenti. Per questo il PD si adopererà per promuovere l’assunzione di responsabilità nei ruoli dirigenti del partito a tutti i livelli dei giovani e delle donne, come scelta di fondo e non soltanto per dare attuazione allo statuto regionale del partito.
Una forte interazione va realizzata con gli amministratori locali del PD, a partire da quelle amministrazioni in cui esercitiamo un ruolo di governo. Il partito deve essere al fianco di chi governa e comunque opera negli enti locali con coraggio, con onestà e con determinazione e rappresenta anche il primo interfaccia del nostro partito verso i cittadini.
Una consulta permanente degli amministratori locali può essere uno strumento utile.
Allo stesso tempo vanno costruite una grande sinergia e sintonia con il gruppo parlamentare all’Ars e con i parlamentari nazionali ed europei. In particolare va valorizzato il lavoro dei deputati al parlamento siciliano, che rappresenta il punto di applicazione più alto per la politica in Sicilia.
Il PD siciliano dovrà svolgere fino in fondo e con determinazione il ruolo di opposizione che i risultati elettorali gli anno assegnato, ma esso lavora per costruire una maggioranza politica che in Sicilia abbia la volontà e la forza di avviare un forte programma di cambiamento.
Per questo occorre riprendere il dialogo con le altre forze politiche di centrosinistra, nella chiarezza e nella specificazione dei punti programmatici, nel reciproco rispetto, nella costruzione di momenti comuni di confronto e di iniziativa.
La crisi politica del centro destra in Sicilia ha aperto uno scenario non previsto e può sfociare in soluzioni anche imprevedibili.
La rottura del centro destra sta disarticolando il blocco di consenso che ha trovato il suo punto di forza nel modello di regione insostenibile di cui si è parlato ed anche per questo dobbiamo manifestare attenzione nei riguardi di una rottura del quadro di alleanze che segnasse in modo definitivo il posizionamento di soggetti politici organizzati al di fuori dello schieramento di centro destra.
E’ certo tuttavia che non ci faremo coinvolgere in una prospettiva e neanche in una discussione che mantenesse il PD in una posizione subalterna e non assolutamente coerente con il suo profilo politico e programmatico.
Il lavoro che ci aspetta è gravoso, ma grande è l’impegno ed anche l’affetto che esprimiamo verso il nostro partito, entusiasmante la prospettiva che esso si affermi come forza decisiva per ridare un futuro alla Sicilia.
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